Volete sapere perché sono grato alle nuove tecnologie? Semplicemente perché mi hanno salvato la vita; sono arrivate poco prima del fischio finale, quando la partita sembrava ormai persa: giusto in tempo per consentirmi di ribaltare la situazione. Nessun metodo pedagogico sarebbe stato in grado di fare tanto: lo so bene perché la mia situazione è comune a quella di migliaia di altre persone con handicap visivo e non esiste precedente nella storia a dimostrazione del contrario.
Indice dei contanuti
Toggle1. La filosofia non serve a niente perché… io non la capisco!
Molte persone, all’interno del mondo Scuola, vedono la tecnologia come una forza destabilizzante che minaccia di rendere obsolete le competenze tradizionali o di complicare ulteriormente la vita con nuove e incomprensibili esigenze. Questo atteggiamento si riflette nelle aule e ancora troppo spesso nei posti di lavoro dove dispositivi e software sono spesso etichettati come troppo complicati per essere utili. Ecco perché ho azzardato il paragone con la filosofia! Non credo ci sia bisogno di aggiungere altro.
In ambito educativo, questa dinamica si manifesta non soltanto quando alcuni insegnanti respingono metodi didattici che prevedono l’utilizzo di strumenti digitali, preferendo adottare sistemi più tradizionali e a loro più familiari, ma anche e soprattutto quando la tecnologia si propone come strumento in grado di abbattere barriere tra gli alunni o tra l’alunno e l’insegnante, impedendo a varie forme di handicap di trasformarsi in vere e proprie disabilità.
2. Non ci piace la tecnologia, ma siamo una scuola innovativa
L’entusiasmo per la tecnologia nelle istituzioni educative spesso si trasforma in una corsa agli armamenti digitali, dove l’acquisto di nuovi gadget è vista come baluardo dell’innovazione. In verità, questa tendenza è alimentata dalla potente e vorace macchina del marketing che presenta la tecnologia come una panacea per tutti i mali educativi, spingendo scuole ed università ad investire in costose infrastrutture IT senza una reale necessità o strategia.
Questo fenomeno non è limitato a poche istituzioni isolate; è una tendenza globale che vede le scuole competere per apparire all’avanguardia, spesso a scapito di un’analisi critica sui reali benefici di queste tecnologie per gli studenti. Il risultato è un panorama educativo in cui gli strumenti tecnologici sono abbondanti ma sottoutilizzati, non integrati in modo significativo nel curriculum o nell’attività didattica.
Questa disconnessione tra possesso e competenza è una chiara indicazione di come il desiderio di apparire tecnologicamente avanzati possa effettivamente distogliere dall’obiettivo principale dell’educazione: migliorare l’apprendimento e preparare gli studenti alle sfide reali del mondo.
Inoltre, la pressione per mantenere l’immagine di un istituto all’avanguardia può portare a decisioni frettolose e non ponderate. Spesso, la tecnologia viene acquistata non perché necessaria, ma perché ci sono fondi disponibili o perché tutti gli altri lo stanno facendo. Si crea così un ciclo vizioso di consumo non sostenibile e spesso inutile, il cui unico risultato sarà quello di ingrossare i portafogli dei venditori senza arricchire l’esperienza educativa degli studenti.
Al ristorante
Immaginiamo di entrare in un ristorante senza avere fame. Ordiniamo comunque piatti prelibati e costosi perché ne abbiamo la possibilità, nella speranza che l’appetito arrivi.
Quando finalmente ci viene fame, i piatti sono diventati ormai freddi e meno appetibili.
Ecco ciò che spesso accade nelle scuole quando si acquista tecnologia avanzata senza un piano di implementazione strategico. Le attrezzature tecnologiche, spesso acquistate per esaurire i budget o seguire le tendenze, rimangono nei loro imballaggi, diventando obsolete prima ancora di essere utilizzate.
Senza un’integrazione attenta e pianificata, la tecnologia può rapidamente passare da soluzione innovativa e promettente a rifiuto costoso, inattivo e superato, proprio come un piatto raffinato che perde il suo valore una volta freddo.
Tecnologia come mezzo, mai come fine!
Si dovrebbe sempre tenere a mente che lo scopo delle nuove tecnologie non è quello di sostituire l’essenza stessa dell’educazione, ma arricchirla e supportarla. La tecnologia, quando elevata a fine a sé stessa, rischia di distogliere l’attenzione dai veri obiettivi pedagogici, come lo sviluppo del pensiero critico, la promozione dell’interazione umana, la comprensione profonda dei contenuti e l’acquisizione di nuove competenze.
Nei monasteri medievali, la tecnica della lettura silenziosa non isolava l’individuo, ma piuttosto migliorava la sua capacità di riflessione e comprensione, arricchendo così il dibattito collettivo. In epoca rinascimentale, l’invenzione della stampa da parte di Gutenberg rivoluzionò l’accesso all’istruzione, ma il valore educativo dei testi stampati risiedeva nel loro uso come strumenti di apprendimento e discussione, non come oggetti di consumo passivo. Infine, nei primi salotti scientifici del XVII secolo, strumenti come il microscopio e il telescopio aprirono nuove frontiere del sapere, ma il loro impatto educativo derivava dall’uso attivo e critico di questi strumenti nei dibattiti e nelle esplorazioni condivise. Questi esempi dimostrano che, sebbene gli strumenti cambino, l’essenza dell’educazione rimane la stessa: un processo dinamico dove la tecnologia serve come ponte verso una più profonda comprensione umana ed intellettuale.
Quando la tecnologia diventa l’obiettivo, finiamo per insegnare agli studenti a dipendere dagli strumenti, piuttosto che ad usarli come mezzi per raggiungere una comprensione più ampia. Questo approccio riduce l’educazione a una semplice trasmissione di capacità tecniche, piuttosto che allo sviluppo di una comprensione olistica e critica del mondo.
In conclusione, se la tecnologia diventa il fine, non solo non arricchiamo l’educazione, ma rischiamo di impoverirla. Deve rimanere uno strumento, un mezzo attraverso cui educare in modo più efficace e inclusivo, sempre al servizio dei principi pedagogici fondamentali.
Se la tecnologia diventa un mezzo, più salvarci la vita! Se diventa il fine, può distruggerla.