Nei giorni 28, 29 e 30 settembre 2007 ho partecipato al seminario di formazione Progettare il Futuro, organizzato dalla direzione nazionale dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti, in qualità di responsabile regionale del Comitato Giovani delle Marche. Il seminario è stato pensato come un corso di progettazione sociale, con l’obiettivo di formare responsabili provinciali e regionali del Comitato Giovani alla strutturazione di progetti per svolgere attività ed ottenere relativi finanziamenti da parte di enti pubblici e privati.
Venerdì 28 si è svolta una riunione con gli altri responsabili regionali e con i membri del Comitato Nazionale per fare il punto della situazione sull’attività giovanile della nostra associazione e scambiarsi consigli e proposte per migliorarla.
Ma non è espressamente di questo che vorrei parlare! Sabato 29 è iniziato il corso di formazione vero e proprio: tre relatori ci hanno fornito le nozioni teoriche di base necessarie alla preparazione di un progetto valido e coerente, tra cui Luca Bergamo, direttore dell’Agenzia Nazionale del Programma Gioventù che ha citato come esempio proprio Swimming in the light, il progetto europeo preparato dal sottoscritto e presentato dalla sezione di Macerata. Fin qui tutto bene! Personalmente ero molto entusiasta della qualità delle relazioni perché gli insegnanti sono riusciti a fornirci in poco tempo strumenti realmente utili e concreti per la preparazione di progetti, coinvolgendo attivamente tutti i partecipanti!
Per il pomeriggio dello stesso giorno era previsto un laboratorio di progettazione pratica. In sostanza, i partecipanti si sono divisi in gruppi di 8/10 persone e insieme dovevano preparare un progetto a partire da un caso uguale per tutti. Io ero molto felice di questa iniziativa. Una volta tanto la direzione nazionale avrebbe dimostrato di essere concretamente vicina ai giovani, insegnandoci a preparare progetti e gestire in futuro la nostra associazione.
Tutte le mie aspettative però si sono presto trasformate in delusioni quando il relatore Pietro Spadafòra ha illustrato il caso su cui i gruppi avrebbero dovuto elaborare il progetto, completamente estraneo alla nostra realtà associativa! Chi ha partecipato al seminario lo ricorderà bene, mentre per coloro che non vi hanno partecipato è possibile ascoltare la lettura completa del caso accedendo alla sezione archivio multimediale del sito uiciechi.it e ricercando “Seminario giovani minorati della vista 3a parte” ed ascoltare il file audio a partire dal minuto 39:23.
Questa poteva essere veramente l’occasione giusta per migliorare l’attività giovanile a livello nazionale! Allora perché chiamare un relatore che si occupa di minori e tossicodipendenza, quando all’interno dell’Unione ci sono persone competenti che avrebbero potuto sottoporci un caso più logico ed attinente alla nostra realtà associativa? Esempi concreti di casi potevano riguardare: corsi di informatica per insegnanti di sostegno e per studenti, corsi di orientamento allo studio per i giovani neodiplomati, scambi internazionali di integrazione tra giovani vedenti e non vedenti ecc.
Terminati i lavori di gruppo, ai quali tra l’altro ho rifiutato di partecipare, mi sono recato nella sala da pranzo e lì ho invitato il dottor Pietro Spadafòra a sedersi vicino a me per avere dei chiarimenti sul caso che ci aveva sottoposto. Premetto che Pietro Spadafora è stato a mio parere, ma credo a parer di tutti, un ottimo relatore, molto competente, preparato e soprattutto umano. Purtroppo però, parlando con lui, ho scoperto che il settore nel quale egli opera è completamente estraneo alla realtà dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti: gli ho chiesto, per curiosità, se conoscesse la nostra associazione e se qualcuno gli avesse spiegato in quali contesti dobbiamo trovarci quotidianamente a progettare. Risposta: Pietro Spadafora non era prima d’ora mai entrato in contatto con la nostra associazione e in occasione di questo seminario non aveva ricevuto orientamento verso un caso di progetto attinente alla nostra realtà associativa!
Naturalmente ho espresso il mio stupore ad alcuni membri del Comitato Nazionale Giovani e ad alcuni dirigenti nazionali, ma le risposte che ho avuto sono state al quanto insoddisfacenti perché la maggior parte di queste persone tentava di dare giustificazioni sulla scelta di questo caso, arrampicandosi sugli specchi e ciò non fa di certo crescere la nostra associazione. È molto più semplice e costruttivo mettere da parte l’orgoglio personale, ammettendo di aver sbagliato e rassicurando noi giovani che tale errore non verrà ripetuto la prossima volta.
Concludendo, mi chiedo se sia stato utile scrivere questo articolo. Penso che moltissime persone, tra cui gli stessi organizzatori si siano resi conto che il caso proposto ai giovani risultasse non applicabile alla nostra realtà associativa e che oltretutto molti di noi, tra cui il sottoscritto, non avessero le competenze per poter produrre un progetto valido, derivante dal caso proposto.
Pertanto, penso che il lato realmente negativo non riguardi strettamente il caso del progetto, ma l’indifferenza degli organizzatori di fronte all’errore commesso e questo personalmente mi preoccupa molto.