Le festività natalizie sono spesso associate a grandi abbuffate, imposte e giustificate dalla tradizione, a tappi di spumante che saltano e spese sfrenate… spese ad ogni costo. Personalmente trovo invece che il vero spirito del Natale risieda altrove: non certo al buio e nel silenzio, tantomeno nella cieca credenza, ma nella quiete interiore che talvolta sembra così sfuggente…
In questo percorso, la musica gioca un ruolo fondamentale e tra le melodie che maggiormente mi accompagnano c’è “The Twelve Days of Christmas”.
Questa canzone, di origine probabilmente francese, è diventata popolare in Gran Bretagna e Scandinavia già nel XVI secolo. La sua prima pubblicazione risale al 1780 nel libro “Mirth without Mischief”, come parte di un gioco di memoria. Frederick Austin, all’inizio del XX secolo, ha poi rielaborato la melodia, introducendo una nuova variazione a partire dal celebre verso dei “cinque anelli d’oro”. Questo cambiamento ha conferito alla canzone una nuova dimensione, arricchendo la sua risonanza attraverso i secoli.
La canzone ha una struttura cumulativa, dove ogni strofa aggiunge un dono ai precedenti, creando una progressione che simboleggia l’accumularsi della gioiosità interiore e la celebrazione della spiritualità. I doni, offerti dal “vero amore”, sono da intendersi dunque come doni spirituali e non materiali: l’oggetto materiale, infatti, ha un puro significato allegorico.
Nonostante la sua apparente semplicità, “The Twelve Days of Christmas” cela interpretazioni profonde, oggetto di accesa discussione che qui non è il caso di affrontare. Dirò solo che ascoltarla è per me un’esperienza spirituale che trascende la materialità del Natale contemporaneo: è un momento per allontanarsi dal rumore e dal caos delle festività commerciali e ritrovare il profumo autentico della pace interiore.