Credo non ci sia bisogno di ricordare quanto l’invenzione della stampa abbia contribuito alla diffusione della letteratura nei secoli passati. Supporti in cui era possibile scrivere (tavolette, papiro, pergamena e successivamente la carta) esistono da millenni, mentre la stampa, in rapporto ad essi, è relativamente giovane (circa cinquecento anni).
Malgrado ciò, sin dalla sua invenzione, la carta stampata ha assunto un ruolo sempre più importante e decisivo nella nostra società ed oggi, per esempio, molte persone non possono fare a meno di comprare il quotidiano, mentre altre hanno con il libro un rapporto viscerale, quasi di idolatrìa, sino al punto di dare più valore al supporto che al contenuto. Io stesso quando ho un libro in mano, soprattutto se di importanza considerevole, tendo ad esplorarlo con tutti i sensi: lo sfoglio pian piano, per sentirne la consistenza, l’odore e addirittura il rumore delle pagine, una dopo l’altra. Collezionare libri spesso ci regala un odore di cultura, di possesso del sapere e – perché no? – a volte anche di potenza!
Nell’opinione comune, una poesia, scritta sulla carta, ha più valore rispetto ad un’altra scritta al computer. Un libro stampato, pubblicato e distribuito in tutte le librerie, ha più valore di un testo messo in Internet a disposizione gratuita di tutto il mondo. Ma tutto ciò, in nome di che cosa? Perché un opera stampata gode di maggior considerazione rispetto ad un’opera digitale? A questi interrogativi non riesco a dare una risposta precisa perché ogni persona vive in modo soggettivo il binomio carta-letteratura.
Vero è che sino a qualche decennio fa, la carta stampata era l’unico mezzo per diffondere e conservare un’opera letteraria, ma oggi, questo abuso di carta è sempre meno giustificato, considerate le potenzialità del sempre crescente mondo digitale.
Forse questo discorso andrebbe inserito in un quadro più ampio, ma qui mi voglio limitare, come giusto, ad affrontarlo nel contesto delle mie opere letterarie.
l’inchiostro inquina e la carta è scomoda da portare, comporta distruzione di alberi, non resiste nel tempo è uno spreco di denaro… mentre il pulito mondo digitale ci consente di evitare tutto ciò, e di liberarci dalla concezione che ad esempio, una poesia, un racconto, un romanzo, assumano una certa importanza solo se contenuti in un libro stampato: la più grande offesa che si potrebbe fare ad un’opera letteraria!
Sarebbe ora che la società imparasse a valorizzare l’opera
per i suoi contenuti e non per il supporto in cui essa è scritta e diffusa! Leopardi, ad esempio, scriveva sulla carta, a lume di candela, con penna e calamaio perché non disponeva di elettricità e soprattutto del computer, altrimenti è molto probabile che lo avrebbe usato per comporre i suoi Canti.
Il direttore del New York Times si è
chiesto nel gennaio scorso se tra cinque anni stamperanno ancora questo giornale, perché ci sono sempre più lettori che preferiscono la versione on-line a quella cartacea.
Io, nel mio piccolo, questa scelta la voglio fare per le mie opere
letterarie. D’ora in avanti non stamperò più nulla, ma tutto sarà disponibile in formato digitale.