Lo sapevo, ma ora ne ho la conferma, non da intenditore, ma da amante del caffè che accompagno sempre ad un momento di riflessione o ad una chiacchiarata con gli amici al bar. È una verità un po’ scomoda, ma che ormai sembra essere una realtà consolidata: il caffè che si beve nella maggior parte dei bar italiani (e anche a casa) non sempre riflette quella qualità che, come italiani ci aspetteremmo e di cui “andiamo fieri”.
Il caffè, nel nostro paese, è più di una semplice bevanda; è un rituale, un gesto quotidiano radicato nella nostra cultura; eppure, come rivelato da un’inchiesta di Gambero Rosso (qui l’articolo), spesso ciò che troviamo nella nostra tazzina è ben lontano dall’essere un prodotto eccellente. La qualità viene sacrificata sull’altare della convenienza economica e degli accordi commerciali tra bar e torrefazioni che limitano la scelta del barista e di conseguenza l’esperienza del consumatore. Il risultato? Un espresso che, purtroppo, non sempre è all’altezza delle nostre aspettative.
Cookist (qui l’articolo) rafforza questa tesi, evidenziando come la standardizzazione del gusto e l’utilizzo di caffè di bassa qualità (ad esempio una tostatura eccessiva) siano pratiche comuni. Questo compromette non solo il sapore, ma anche la genuinità dell’esperienza che il caffè dovrebbe offrire.
La scelta del caffè non è soltanto una questione di gusto, ma anche di consapevolezza e responsabilità: come consumatori, abbiamo il potere di influenzare il mercato e le sue pratiche. Chiedendo caffè di qualità superiore, non solo miglioriamo la nostra esperienza quotidiana, ma contribuiamo anche a promuovere pratiche di approvvigionamento sostenibili e etiche.